L'uomo e la Supernova

I resti dell’esplosione di una supernova. Foto: NASA – publico dominio.

All’inizio del diciannovesimo secolo, lo scienziato britannico Thomas Dick propose di creare un gruppo di astronomi per osservare 24 ore su 24 la superficie lunare e registrarne quei cambiamenti che avrebbero potuto essere indizio della presenza di una forma di vita intelligente: la costruzione di una città, il livellamento di una collina, la realizzazione di un solco nel terreno. Benché la sua tesi fosse alquanto fantasiosa, il metodo adottato da Dick si basava su un assunto fondato. Per scoprire qualcosa di nuovo nell’immensità dello spazio, bisogna sapere osservare. Per questo motivo, quando tra il 1981 e il 2008 il pastore protestante australiano Robert Owen Evans scoprì oltre quaranta supernove in poco più di vent’anni, fu acclamato come uno tra gli astrofili più importanti a livello mondiale.

Le supernove sono stelle grandi almeno cinque volte il Sole che a un certo punto della loro esistenza collassano su se stesse ed esplodono, liberando un’enorme quantità di energia e illuminando la galassia in cui si trovano per giorni, a volte addirittura per settimane, prima di estinguersi. Alcuni le hanno definite le deflagrazioni più potenti a cui un essere umano possa assistere nella sua vita.

Il termine supernova fu coniato dal fisico svizzero Fritz Zwicky prendendo in prestito l’espressione “Nova Stella”, utilizzata nel diciassettesimo secolo dall’astronomo Thyco Brahe per riferirsi a tale fenomeno.

Se un evento del genere si verificasse a poche decine di anni luce dal nostro pianeta, l’onda d’urto sarebbe tale da disintegrare la Terra in un attimo. Se invece avvenisse a due o trecento anni luce da noi, le turbolenze causate dall’esplosione provocherebbero suggestivi fenomeni luminosi e aurore meravigliose. Tuttavia, perturberebbero gli strati dell’atmosfera che ci proteggono lasciando passare ogni forma di radiazione. Sarebbe una morte lenta e straziante ma – se questo ci può consolare – sotto il cielo più bello che avremmo mai potuto vedere.

Fortunatamente, nel nostro angolo di galassia non ci sono stelle pronte a esplodere a una distanza tale da mettere in pericolo la nostra esistenza. Inoltre, la nascita delle supernove è un fenomeno raro e la maggior parte di esse sono così distanti dalla Terra da essere percepite soltanto come flebili sfavillii. Ci accorgiamo di loro soltanto perché, per qualche tempo, compare un puntino luminoso in una porzione di cielo prima buio.

Considerando l’enorme numero di stelle visibili a occhio nudo in una notte di cielo terso e a quante ancora se ne aggiungono quando guardiamo attraverso la lente di un telescopio, possiamo farci un’idea di quanto sia difficile avvistare una supernova.

La prima “nuova stella” di cui abbiamo notizia fu osservata nel 165 d.C. da un astronomo cinese. Nel 1054 i detriti rilasciati dall’esplosione di un’altra supernova diedero origine a quella che oggi viene chiamata Nebulosa del Granchio. Nel 1604 venne registrata una nuova stella che rimase visibile in cielo per tre settimane, anche di giorno. Nonostante l’invenzione del telescopio nel diciassettesimo secolo, fino al 1980 negli annali astronomici erano state registrate meno di 60 supernove. Meno di 60 in 1800 anni di osservazioni compiute dalla totalità degli astronomi di tutto il mondo.

Non sorprende quindi che le oltre 40 supernove scoperte dal pastore Robert Owen Evans, in poco più di vent’anni, siano considerate un numero degno di nota. Evans iniziò la sua “caccia” da adolescente. Trascorreva notti e notti a osservare il cielo nella speranza di vedere una stella dove prima non c’era. Ci riuscì per la prima volta all’età di 44 anni, nel 1981. Da allora ne scoprì più di una all’anno. E questo senza attrezzature particolari. Evans è un astronomo dilettante e ha effettuato tutte le sue scoperte dal giardino di casa, usando un telescopio amatoriale che di giorno ripone nello sgabuzzino. La particolare dote del pastore pare sia quella di aver memorizzato perfettamente ogni porzione di cielo che ha osservato negli anni, così da riuscire ad accorgersi di ogni minimo cambiamento, a colpo d’occhio.

Robert Owen Ewans – foto: dal sito personale dell’astronomo

Fino al 1987, Robert Owen Evans era l’unico ad aver scoperto un numero di supernove così elevato. Poi fu battuto da un telescopio automatizzato, inventato proprio quell’anno dall’astronomo Saul Perlmutter del Lawrence Berkeley laboratory in California. Tuttavia nessun altro essere umano ha mai superato il suo record di osservazioni con mezzi tradizionali. Nel 2005 il pastore riuscì a fotografare ben 6814 galassie in 77 notti, un primato superato soltanto dai sistemi computerizzati. E a chi gli chiede se anche lui un giorno pensa di modernizzarsi e utilizzare strumentazioni più sofisticate, Evans risponde: «E poi? Dove starebbe il divertimento?»


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