Anno 890, Mar Nero. Un’imbarcazione oscilla in balia delle onde. Le nubi oscurano la luna e il mare scompare, inghiottito dal buio. La pioggia diventa gelida e flagella i volti dei marinai stremati dall’ultimo, disperato tentativo di governare la nave, pericolosamente vicina alle scogliere di Cap Fiolent. Nessuno riesce a vederle ma se ne avverte la presenza minacciosa tra le tenebre. Convinti di essere prossimi alla morte, i marinai invocano San Giorgio, ed ecco… accade il miracolo! Su uno scoglio compare un maestoso pilastro di luce e, in mezzo ad esso, il Santo che guida l’equipaggio verso la salvezza. Mesi più tardi, i superstiti edificano una piccola chiesa rupestre su quel luogo, ora battezzato “La Roccia della Sacra Immagine”. Nel XIX secolo, per commemorare il prodigio avvenuto mille anni prima, attorno alla chiesetta viene costruito il monastero ortodosso di Balaklava.
Anno 1150, golfo di Corinto, notte. Onde implacabili colpiscono i fianchi di una nave, fino a spezzarla. I pescatori a bordo urlano, presi dal terrore, mentre l’acqua riempie le stive molto, troppo velocemente. Non c’è altro da fare se non gettarsi in mare e sperare in un destino misericordioso. Ma tra i cavalloni neri il senso dell’orientamento viene a mancare. Dov’è l’abisso? Dove la costa? Poi, dal nulla, balena una luce. È la Vergine Maria che indica la terraferma. Approdati al riparo di una grotta, gli uomini fanno voto di scavare una chiesa nella roccia ma ecco un nuovo miracolo. Al mattino, l’antro si è ingrandito misteriosamente, e oggi Panagia Trypiti è uno dei santuari più importanti della Grecia.
Queste storie hanno in comune almeno due elementi: un naufragio notturno, una manifestazione miracolosa. Ma ce n’è anche un terzo: entrambe le zone si trovano su una faglia tettonica e – secondo il ricercatore russo Igor Florinsky – i bagliori avvistati dai marinai potrebbero essere spiegati come luci telluriche.
Luci nel cielo
Le luci telluriche sono rari fenomeni che si manifestano sotto forma di bagliori, lampi o aurore bluastre in concomitanza con alcuni terremoti. Ne troviamo testimonianza nei racconti di chi ha assistito al terremoto dell’Aquila nel 2009, nelle descrizioni del terremoto di San Francisco del 1906, e nei resoconti di altri eventi sismici nel corso della storia.
Il meccanismo esatto con cui si formano le luci telluriche non è ancora chiaro, ma si ipotizza una correlazione di tipo elettromeccanico, come la formazione di cariche elettriche dovute alla frattura o allo sfregamento degli strati rocciosi che hanno dato origine alla scossa. In altre parole, qualcosa di simile alle scintille scaturite dallo strofinio di un plaid o di un maglione di lana. Talvolta, le luci telluriche appaiono a centinaia di chilometri dall’epicentro oppure mesi prima o dopo un evento sismico, probabilmente a causa di assestamenti. Per questo motivo, i geologi sono particolarmente interessati a comprendere se il fenomeno sia un valido indizio per prevedere un sisma.
Stando al neuroscienziato americano Michael Persinger, la formazione di luci telluriche causerebbe alterazioni del campo magnetico terrestre tali da interagire coi segnali elettrici del cervello, fino a provocare disfunzioni fisiche, psichiche o esperienze mistiche. Di conseguenza, Igor Florinsky ritiene che molte delle apparizioni di Santi e Madonne in ambienti naturali, come montagne, grotte o boschi, potrebbero essere ricondotte a scompensi magnetici derivanti dalla formazione di luci telluriche. Perfino l’episodio dell’Angelo di Dio in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto, apparso a Mosè sul monte Sinai (Esodo 3:2 – 4:17), potrebbe essere frutto di tale effetto.
Tuttavia, le idee di Persinger non sono unanimemente accettate dalla comunità scientifica. Anzi, durante la sua lunga carriera il neuroscenziato è stato al centro di diverse polemiche per le sue teorie alternative sul riscaldamento globale, la cura del cancro, e per aver pubblicato “studi” discutibili su numerose riviste predatorie.
Mettendo da parte le congetture di Persinger e Florisnky, sono però molti gli scienziati ad essere convinti di una correlazione tra eventi geologici e storie mitiche del nostro passato. Uno degli esempi più noti è forse l’Oracolo di Delfi.
Il tempio di Apollo
Situato ai piedi del monte Parnaso, il tempio di Apollo, a Delfi, era sede dell’oracolo più autorevole della Grecia classica. Consultarlo, significava avere la possibilità di porre domande direttamente al Dio, il quale rispondeva attraverso la Pizia, una sacerdotessa le cui parole enigmatiche venivano a loro volta interpretate da altri sacerdoti. Le predizioni erano ritenute così attendibili da aver influenzato importanti decisioni private, politiche e militari, per molti secoli. La Pizia compiva il suo rituale profetico all’interno dell’Adython, una cella sotterranea in cui si trovava la statua del Dio Apollo e dove bruciava il fuoco sacro, alimentato da legno di abete. Secondo quanto racconta lo storico Plutarco, la sacerdotessa sedeva su un tripode collocato al di sopra di una fessura nel terreno, dalla quale fuoriuscivano vapori profumati in grado di indurla in uno stato di trance.
Come osservato dai ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Delfi si trova nei pressi di una faglia tettonica. Ancora oggi, nell’area attorno al tempio, è possibile rilevare modeste esalazioni di idrocarburi e, in passato, la fuoriuscita di queste sostanze potrebbe essere stata particolarmente elevata. L’Adython era un locale di piccole dimensioni e non adeguatamente areato. Una fuoriuscita di vapori gassosi, unita all’anidride carbonica prodotta dal fuoco sacro e dalle torce utilizzate per l’illuminazione, avrebbe potuto facilmente saturare l’aria e provocare un effetto neurotossico, portando verosimilmente la sacerdotessa a cadere in trance. Il profumo descritto da Plutarco è compatibile con il caratteristico odore assunto da alcuni idrocarburi quando entrano a contatto con l’acqua. Nel suolo sottostante il tempio, infatti, era presente una ricca falda acquifera.
Nel caso dell’oracolo di Delfi, misurazioni strumentali suggeriscono come il legame tra esperienze mistiche e fenomeni geologici sia plausibile. Ma cosa possiamo dire delle apparizioni nel Mar Nero e nel Golfo di Corinto? A meno di non dar credito alle teorie di Persinger, non possiamo attribuire le visioni dei marinai ad un’alterazione del campo magnetico terrestre provocata da luci telluriche. Però le due aree sono in effetti sismicamente attive e anche tra le più soggette alla formazione di questi fenomeni luminosi. Se i marinai avessero visto realmente delle luci telluriche, potrebbero averle interpretate come visioni religiose?
La visione di Zeitoun
La sera del 2 aprile del 1968, un uomo notò sulla cupola centrale del tempio copto di Zeitoun, in Egitto, la silhouette di una donna illuminata da una luce fortissima. Convinto si trattasse di una giovane in procinto di suicidarsi, attirò l’attenzione degli altri presenti che riconobbero nella figura la Vergine Maria. Nei due o tre anni successivi, l’apparizione si ripresentò regolarmente e ne furono testimoni numerose persone. A volte, la visione prendeva la forma di bagliori fugaci simili a colombe che si libravano verso il cielo.
Nonostante le indagini della polizia, nelle vicinanze della basilica non fu rinvenuto alcun dispositivo in grado di produrre potenti fasci luminosi. Alcuni sociologi ipotizzarono un caso di isteria di massa, forse influenzata dalla difficile situazione socio-politica dell’Egitto, appena uscito pesantemente sconfitto dalla guerra arabo israeliana del 1967. Una cosa era certa. Le apparizioni di Zeitoun non erano frutto di fantasia. Lo confermava il fatto che erano state fotografate e filmate.
Secondo i racconti dei testimoni, Maria aveva uno sguardo dolce e sorridente, oppure salutava i presenti con un gesto di benedizione. Tuttavia, è difficile riscontrare volti o dettagli particolari nei bagliori immortalati dalle foto dell’epoca. A guardar bene, però, non possiamo negare di ravvisare in quelle luci una certa somiglianza con la madre di Gesù, o almeno con l’idea che abbiamo di lei per come viene rappresentata nell’iconografia tradizionale e nelle opere d’arte.
Pareidolia
Distinguere un volto o una figura umana è un meccanismo di sopravvivenza che apprendiamo fin dalla nascita. Ci serve a riconoscere i nostri genitori, i nostri simili, e a diffidare di chiunque potrebbe rappresentare una minaccia. Talvolta, però, questo automatismo ci porta a individuare volti e figure familiari anche dove non ci sono: nelle nuvole, negli alberi, nelle emoticon, perfino su pianeti disabitati. Una tendenza istintiva che prende il nome di pareidolia, dal greco parà (somigliante) e èidōlon (immagine).
Il modo in cui decifriamo una forma casuale è fortemente influenzato dalla nostra cultura, dal nostro ambiente e dalla nostra esperienza soggettiva. Un bambino potrebbe riconoscere in un bagliore un orsacchiotto; un credente il volto di Cristo, della Madonna o di un Santo. Tanto più se l’interpretazione è amplificata da meccanismi di riprova sociale, ovvero dalla predisposizione di noi esseri umani a credere a ciò che è sostenuto da un elevato numero di persone. Se, ad esempio, uno dei presenti a Zeitoun avesse commentato: “Sembra la Vergine Maria!”, gli altri avrebbero osservato le luci con un’idea preconcetta di come interpretarle.
Secondo la tradizione copta, poi, Zeitoun è il luogo dove Gesù, Giuseppe e Maria si sarebbero rifugiati per sfuggire alla strage degli innocenti. Inoltre, le visioni erano state documentate, fotografate e riportate dai media come “eventi reali”. Quindi, qualsiasi forma le luci avessero assunto, sarebbero state facilmente lette in termini religiosi; ad esempio, le figure non riconducibili a quella di una donna erano state descritte come colombe. Inoltre, in circostanze fisiche e mentali particolari, come un naufragio o un momento di crisi socio-politica, la possibilità che immagini casuali siano interpretate come figure salvifiche è ancora più elevata.
Tornando alla geologia, il sismologo americano John S. Derr attribuì la formazione dei bagliori sul tempio di Zeitoun a luci telluriche. Il Golfo di Suez, nelle cui vicinanze sorge Zeitoun, è sempre stato soggetto ad attività sismica, la quale durante gli anni delle apparizioni mariane era particolarmente intensa. Tuttavia, ciò non spiega perché le visioni avvenivano soltanto di notte. Inoltre, lo studio di Derr è firmato anche da Persinger, e questo indubbiamente non gioca a suo favore.
In conclusione, non sappiamo se i fenomeni luminosi osservati a Zeitoun, nel Mar Nero o nel Golfo di Corinto fossero effettivamente luci telluriche o altre manifestazioni naturali. Verosimilmente non erano apparizioni divine, né esperienze mistiche causate da ipotetiche alterazioni del campo magnetico terrestre. Anche perché, come abbiamo visto, per influenzare la mente umana basta una nuvola, o la forma di un albero, o un’ombra sulla superficie lunare.
Per approfondire:
- Carl Sagan. The Demon-Haunted World : Science as a Candle in the Dark. New York : Random House, 1995.
- G. Etiope, G. Papatheodorou, D. Christodoulou, M. Geraga, e P. Favali. «The Geological Links of the Ancient Delphic Oracle (Greece): A Reappraisal of Natural Gas Occurrence and Origin». Geology 34, fasc. 10 (2006).
- Ipek Oruc, Benjamin Balas, e Michael S. Landy. «Face Perception: A Brief Journey through Recent Discoveries and Current Directions». Vision Research, Face perception: Experience, models and neural mechanisms, 157 (1 aprile 2019).
- I.V. Florinsky. «Earthquake Lights In Legends Of The Greek Orthodoxy», 20 dicembre 2015.
- John S. Derr e Michael A. Persinger. «Geophysical Variables and Behavior: LIV. Zeitoun (Egypt) Apparitions of the Virgin Mary as Tectonic Strain-Induced Luminosities». Perceptual and Motor Skills 68, fasc. 1 (febbraio 1989).
- Domenico Di Mauro. «L’effimero fenomeno delle luci sismiche». Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, 6 ottobre 2017.
- Science. «Bizarre Earthquake Lights Finally Explained», 7 gennaio 2014.
- SMUT.CLYDE. «Michael Persinger’s Crank Magnetism». For Better Science (blog), 3 aprile 2018.
- Liu-Fang Zhou e Ming Meng. «Do You See the “Face”? Individual Differences in Face Pareidolia». Journal of Pacific Rim Psychology 14 (gennaio 2020).